SRI AUROBINDO
CENNI BIOGRAFICI

 

Sri Aurobindo nasce a Calcutta il 15 agosto 1872, secondo dei cinque figli del dottor Krishnadan Ghose (medico condotto) e di Swarnalata Bose (figlia del famoso letterato Rajnarayan Bose). Trascorre i primi anni della sua vita a Rangpur, nel Bengala orientale, finché nel 1877 viene mandato a studiare presso la Loretto School, una scuola di suore irlandesi a Darjeeling.

Nel 1879 viene inviato dal padre in Inghilterra, in compagnia di due suoi fratelli, per compiere gli studi classici. Sri Aurobindo trascorre gli anni della propria formazione in grande povertà. Tra il 1879 e il 1884 vive a Manchester, ospite della famiglia Drewett. Nel 1884 viene ammesso alla St. Paul’s School di Londra, ed è qui che incomincia a comporre le sue prime poesie, alcune delle quali vengono pubblicate su una rivista scolastica. I sussidi del padre ben presto iniziano a venir meno e Sri Aurobindo, con le borse di studio che ottiene («tutti i premi per la versificazione greca e latina erano suoi», documenta un biografo), deve mantenere i suoi due  fratelli. Nel 1890 si trasferisce a Cambridge, dopo essere stato ammesso nel prestigioso King’s College, oltre che all’Indian Civil Service, la scuola di formazione degli amministratori indiani. A Cambridge si unirà a un’associazione studentesca denominata ‘Indian Majlis’, pronunciando discorsi rivoluzionari che porteranno il suo nome sulla lista nera della polizia politica inglese. Nel mese di agosto 1892 passa il primo esame dell’Indian Civil Service. In ottobre torna a Londra, dove prende parte a una società segreta chiamata ‘Lotus and Dagger’, nata con l’intento di favorire la liberazione dell’India dal giogo britannico. A novembre dello stesso anno si fa squalificare dall’Indian Civil Service, non presentandosi agli esami di equitazione. Ottiene un impiego presso il Mahārāja di Baroda e così s’imbarca per l’India. Durante i quattordici anni trascorsi in Inghilterra, Sri Aurobindo acquisisce un’ampia conoscenza della cultura dell’Europa antica, medioevale e moderna. Oltre a essere, come abbiamo avuto modo di segnalare, un profondo conoscitore del greco e del latino, egli impara il francese e apprende l’italiano, il tedesco e lo spagnolo tanto da poter leggere Dante, Goethe e Cervantes in originale.

Arrivato in India nel 1893, lavora presso il Mahārāja dello Stato di Baroda in qualità di Ministro dell’Educazione e presso l’Università di Stato, prima come insegnante di francese  e inglese, infine come Vice-Rettore; inizia a studiare la condizione sociale e economica del suo paese, al fine di verificare le possibilità pratiche di una rivolta contro gli inglesi; a tale scopo, si incontra segretamente con i maggiori capi nazionalisti dell’epoca. Per la verità, già nel 1893 scrive alcuni articoli su un quotidiano, l’Indu Prakash, denunciando senza mezzi termini la «politica di accattonaggio» del Partito del Congresso, ma è costretto a sospendere la sua collaborazione poiché proprio a causa di quegli articoli il giornale viene minacciato di sequestro. In quegli anni, comunque, proseguono i suoi approfondimenti letterarî e linguistici, apprende il bengali e il sanscrito e, ovviamente, si dedica alla versificazione. Nel 1895 viene pubblicata la sua prima raccolta di poesie, Songs to Myrtilla e, l’anno seguente, è la volta della pubblicazione del poemetto Urvasi. Nel 1899 scrive inoltre il poemetto Love and Death, forse la più riuscita delle sue composizioni liriche giovanili. Nel 1901 sposa Mrinalini Bose. Nel 1905 viene nominato Magnifico Rettore dell’Università di Baroda ma, a causa della spartizione del Bengala in due stati, appena operata dagli inglesi, Sri Aurobindo si dimette per trasferirsi a Calcutta, nel cuore dell’agitazione politica, allo scopo di lanciarsi apertamente nella lotta rivoluzionaria.

Tra il 1906 e il 1910 Sri Aurobindo si occupa attivamente della situazione politica del Bengala, attuando un programma rivoluzionario costituito da quattro punti essenziali, che egli stesso così riassume: «risvegliare l’India all’idea dell’indipendenza attraverso discorsi e giornali politici; suscitare nei connazionali uno stato permanente di rivolta; trasformare le timide rivendica- zioni del Partito del Congresso in un movimento estremista che si proponga senza ambiguità l’indipendenza completa del paese dalla Gran Bretagna; e infine preparare l’insurrezione armata». Così, nell’agosto del 1906 nasce il quotidiano politico Bande Mataram, di cui Sri Aurobindo sarà il maggiore editorialista e redattore, giornale che presto diventerà il portavoce del grido unanime di decine di milioni di indiani. Lo stesso mese viene aperta la prima Università nazionalista, con Sri Aurobindo come Rettore. E tra ottobre e dicembre dello stesso anno egli assume il controllo del Partito nazionalista del Bengala. Il 7 luglio 1907 Sri Aurobindo viene querelato per diffamazione e arrestato. Il Viceré dell’India lo considera «l’uomo più pericoloso con il quale abbiamo a che fare». Ma i suoi articoli sono inattaccabili e il governo di Sua Maestà è costretto a rilasciarlo, in quanto “i fatti non sussistono”. Sri Aurobindo è ormai considerato il leader indiscusso del movimento rivoluzionario. È praticamente impossibile rendere l’idea delle dimensioni dell’impegno politico condotto da Sri Aurobindo in questi anni: direzione dei maggiori convegni nazionalisti (dove tra l’altro pronuncia infiammati discorsi politici), giornalismo a grande livello, fondazione di alcune scuole nazionaliste, insegnamento, oltre naturalmente a una fitta attività clandestina consistente nell’organizzazione pratica dei centri di guerriglia. E tuttavia, non trascura la sua attività preferita: la poesia. È proprio in questi anni tumultuosi che scrive il dramma Perseus the Deliverer, con una prima pubblicazione nel 1907, sulle colonne del Bande Mataram). Come se non bastasse, nel gennaio del 1908 decide di ritirarsi per tre giorni in una stanza e, sotto la guida di uno yogi, entra nel Nirvāna. Qualche mese dopo, il 2 maggio, la polizia lo arresta e lo conduce nella prigione di Alipore, dove resterà per un intero anno in attesa del processo a suo carico dal quale, inaspettatamente, uscirà scagionato da ogni accusa. Durante l’anno di detenzione, nella cella d’isolamento, approfondisce quelle esperienze interiori che lo condurranno progressivamente a ciò che lui stesso definirà «il segreto dell’azione». Uscito di prigione il 6 maggio 1909, trova la scena politica svuotata dalle esecuzioni e dalle deportazioni di massa compiute dal governo britannico, e si rimette subito al lavoro: fonda due quotidiani, uno in lingua inglese (Karmayogin) e uno in bengali (Dharma) nei quali, per l’ennesima volta, proclama l’ideale dell’indipendenza totale e della non-cooperazione con gli inglesi e cerca di riaggregare i pochi uomini ancora disposti a contrastare il dominio britannico.

Nel febbraio del 1910 Sri Aurobindo è avvertito che verranno a arrestarlo con qualche falsa accusa; qualche giorno più tardi, s’imbarca segretamente per Chandernagore, nel Bengala orientale. Braccato dalla polizia britannica, il 31 marzo dello stesso anno lascia Chandernagore e il 4 aprile giunge a Pondicherry, nell’India francese, dove rimarrà per il resto della sua vita. Qui, prende forma quello che lui stesso definisce il suo «vero lavoro», che porterà a compimento grazie all’aiuto della sua compagna, una francese di padre turco e madre egiziana che lui chiama semplicemente Mère, la Madre. Ma, anche in questo caso, Sri Aurobindo non trascura l’attività letteraria, comprendente la direzione (tra il 1914 e il 1920) di una rivista filosofica, Arya, nella quale prendono forma le sue maggiori opere in prosa — ricordiamo le più significative: La Vita Divina, La sintesi degli yoga, Il ciclo umano, L’ideale dell’unità umana, i Saggi sulla Gītà, Il segreto dei Veda, oltre a studi di linguistica comparata di straordinario valore e a testi di saggistica. In tali opere (circa cinquemila pagine create nel breve spazio di sei anni!), Sri Aurobindo illustra la propria visione del mondo e dell’evoluzione, creando quella che il premio Nobel Romain Rolland definirà «la più vasta sintesi mai realizzata tra il genio dell’Asia e il genio dell’Europa». Aldous Huxley presto parlerà di Sri Aurobindo come del «Platone delle generazioni future», sebbene lo stesso Sri Aurobindo avesse confidato un giorno a un corrispondente: «Della filosofia! Lasciate che in confidenza vi dica che mai, mai e poi mai sono stato un filosofo, benché di filosofia ne abbia scritta; ma questa è un’altra storia. Prima di mettermi a praticare lo yoga e di venire a Pondicherry, di filosofia ne sapevo davvero pochissimo: ero poeta e mi occupavo di politica, non certo di filosofia! Com’è allora che sono riuscito a cavarmela, e perché l’ho fatto? In primo luogo perché P.R. [un intellettuale francese] mi aveva proposto di collaborare a una rivista filosofica, e dato che la mia teoria era che uno yogi deve riuscire a fare qualsiasi cosa, non avevo argomenti per rifiutare; poi lui fu richiamato in guerra e mi lasciò nei guai con 64 pagine di filosofia da riempire ogni mese, tutte da solo! In secondo luogo perché mi bastava trasporre in termini intellettuali ciò che avevo osservato e appreso un giorno dopo l’altro nella pratica dello yoga: perciò la filosofia nasceva automaticamente. Ma questo non vuol dire essere filosofo!». Oltretutto, Sri Aurobindo scrive in un modo piuttosto particolare: non un libro alla volta, ma quattro e anche sei libri contemporaneamente, sui temi più svariati; e non deve fare nessuno sforzo cerebrale, come egli stesso ha cercato di spiegare in alcune lettere: «Vorrei sottolineare che non pensavo quando scrivevo per la rivista Arya, come non penso mai quando scrivo queste lettere e queste risposte… Scrivo nel silenzio mentale cose che arrivano già formate… Il miglior sollievo per il cervello è quando il pensiero si forma fuori del corpo e al di sopra del capo. In ogni caso per me è avvenuto così».

Il 24 novembre 1926, Sri Aurobindo decide di ritirarsi nella sua stanza, dalla quale non uscirà mai più, per potersi concentrare più intensamente sul suo vero lavoro («non è contro il governo britannico che ora devo battermi, questo chiunque può farlo, ma contro l’intera Natura universale!»), circondandosi di quella riservatezza che ha caratterizzato l’intera sua esistenza — d’altronde, lui stesso aveva detto di sé, con quel suo inconfondibile stile ellittico: «La mia vita non  si è svolta in superficie affinché gli uomini la possano vedere»; intrattiene comunque un fitto epistolario con i suoi corrispondenti, che assumerà presto una mole notevole, affrontando gli argomenti più disparati: arte, letteratura, yoga, filosofia, politica… Durante la seconda guerra mondiale egli si schiera pubblicamente a favore degli Alleati, cercando — invano, purtroppo — di far capire ai capi politici indiani dell’epoca (compreso Gandhi), l’importanza di contrastare con  ogni mezzo le pericolosissime mire espansionistiche di Hitler.

Dopo avere percorso le strade spirituali del passato, consistenti nelle più svariate esperienze di comunione divina e di realizzazione interiore, Sri Aurobindo si lancia oltre, alla ricerca di una più completa esperienza capace di unire i due poli dell’esistenza, la Materia e lo Spirito. La maggior parte dei percorsi mistici battuti nel passato conducono in un aldilà che sbocca al di fuori della vita terrestre. L’ascesa spirituale compiuta da Sri Aurobindo costituisce invece il preludio di una discesa della luce e del potere dello Spirito nella Materia allo scopo di trasformarla. Il mondo manifesto non è un errore o una vanità o un’illusione da rigettare dall’anima che fa ritorno al cielo o che entra nel nirvāna, bensì la scena di una evoluzione spirituale per mezzo della quale dall’Incoscienza originaria avviene una manifestazione progressiva della Coscienza Divina celata nelle cose. La mente rappresenta la più alta vetta finora raggiunta dall’evoluzione, ma non la più elevata in assoluto. Al di sopra della mente esiste una Coscienza di Verità, una divina Gnosi sopramentale che detiene spontaneamente la luce e il potere della suprema Conoscenza Divina e la cui discesa sulla terra è destinata a apportare un radicale cambiamento nella vita e nella materia, come possiamo apprendere dai tredici volumi de L’Agenda di Mère, prezioso documento di evoluzione sperimentale.

In ogni caso, Sri Aurobindo considererà sempre la poesia il suo principale veicolo espressivo: così, nella seconda metà della sua vita, impiega il suo genio artistico per donarci una ricchissima produzione di versi che, con uno stile tutto personale, affianca alle architetture strofiche classiche il moderno frammentismo lirico e la sperimentazione metrica (fra le altre cose, è probabilmente l’unico poeta in lingua inglese a avere affrontato con successo la difficile impresa del metro quantitativo, lasciandoci un intero poema epico in esametri quantitativi, Ilion), opere drammaturgiche e, soprattutto, nel corso degli ultimi trentasei anni, si dedica al suo capolavoro, Savitri, un poema epico in blank verse (pentametri giambici sciolti) di oltre ventitremila versi, nel quale illustra l’essenza del suo messaggio e del suo vero lavoro, come solo la poesia può fare.

Nel ricco panorama dei suoi scritti in prosa e in versi, Sri Aurobindo ci ha lasciato cinque testi teatrali (tralasciando opere incompiute e frammenti), tutti composti in inglese mediante l’utilizzo del blank verse e in cinque atti: The Viziers of Bassora (“I visir di Bassora”), opera drammatica composta nei primi anni del XX secolo, che Sri Aurobindo dava per perduta, ma che fu ritrovata negli archivi della polizia britannica; la tragedia Rodogune, datata febbraio 1906; il dramma Perseus the Deliverer (“Perseo il liberatore”), scritto nel 1906 e riveduto negli anni Quaranta; il dramma Eric (“Erik”), scritta intorno al 1910 e riveduto negli anni immediatamente successivi; il dramma Vasavadutta (“Vasavadatta”), dramma composto tra il 18 e il 30 ottobre del 1915, e riveduto fra l’8 e il 17 aprile del 1916.

L’intera produzione poetica di Sri Aurobindo è stata tradotta in versi italiani da Tommaso Iorco e pubblicata in sette volumi (corredati di testi originali a fronte) dai tipi di aria nuova edizioni tra il 2006 e il 2011.