RIFLESSIONI SULLA PROVA APERTA
ELENA TURI
Buonasera! Dopo aver assistito alla prova di ieri sera, vorrei rinnovare ancora una volta i miei complimenti al regista, agli attori e al resto della compagnia… soffermandomi anche su certi particolari che ieri non ho menzionato, ma che mi hanno molto colpito. Vuoi perché mi era sembrato un po’ superfluo parlarne in uno spazio in cui venivano ricercate soprattutto critiche e riflessioni utili a migliorare ancora la messa in scena prima del debutto dello spettacolo, vuoi perché certi dettagli, per quanto emozionino nell’immediato, si apprezzano di più e si riescono a esprimere meglio a mente fredda.
In primo luogo, vorrei lodare nuovamente scenografia e oggetti di scena. Quando si tratta di Vichinghi, è facile cadere nello stereotipo di un popolo rozzo e perfino volgare, immerso in un ambiente spoglio e grigio… e a quel punto, perché dedicare tempo ed energie a una ricerca più approfondita sul loro stile di vita o perfino sul loro senso estetico. Eppure, qui una ricerca c’è stata, eccome! L’attenzione ai colori e ai dettagli, le decorazioni basate su stili artistici realmente esistenti nella Scandinavia vichinga, i mobili e le statue, la pietra runica completa di rune e disegni di animali stilizzati in tutto e per tutto simili a quelli incisi sulle pietre ritrovate dagli archeologi… mi sembra di aver notato perfino il simbolo dell’Ægishjálmur dipinto su più oggetti di scena! E anche il piccolo gatto stilizzato rappresentato sulla statua di Freyja, signora non solo dell’amore ma anche dei felini, è un dettaglio tanto accurato quanto simpatico. Ma la sorpresa più inaspettata e gradita è stata vedere gli strumenti di lavoro della völva: la bacchetta, un elemento spesso trascurato e quasi mai reso fedelmente, e i bastoncini da divinazione… o meglio, le matite, che immagino verranno poi sostituite da bastoncini coperti di rune o da rametti, ma che già adesso sono un finissimo richiamo alle grandi veggenti descritte da Tacito tra i Germani, le quali predicevano (e forse controllavano) le sorti degli uomini proprio durante battaglie come quella che ci è stata mostrata nella prima scena!
Proprio il personaggio della völva mi porta al secondo punto su cui voglio esprimermi: la bravura dei giovani attori, pieni di energia, e l’intelligenza delle scelte del regista, che ha saputo sfruttarli al meglio. La presenza scenica della veggente, la forza dei suoi movimenti furiosi ma determinati e del suo canto tanto bello e travolgente quanto sinistro, creano non solo una figura allo stesso tempo incredibilmente viva e perfettamente ultraterrena, ma anche uno splendido contrasto con il duello, certamente solenne e importante ma ben più prosaico e ordinario nell’ottica guerriera norrena, tra Erik e il suo rivale. Messa a confronto con questa prima scena così complessa e d’impatto (tanto da farmi venire letteralmente i brividi!), le danze e le canzoni di Aslaug ed Hertha, per quanto graziose e delicate, impallidiscono un po’, ma le due attrici creano comunque un duo molto interessante. Non avendo (ancora) letto il dramma di Sri Aurobindo, e giudicando solamente l’aspetto delle due, insieme agli abiti principeschi di Aslaug e quelli di sapore più “gitano” di Hertha, inizialmente avevo pensato che fossero una variazione al femminile del tipico duo della commedia latina, per esempio quella di Plauto: avevo visto in Hertha il servo all’apparenza insignificante ma d’animo forte e cervello fino, sempre pieno di risorse, e in Aslaug il giovane padrone avvenente e spavaldo, ma ancora inesperto e per questo molto emotivo e fragile. Sapere che Hertha è la regina e Aslaug la principessa ha modificato le mie aspettative circa la dinamica tra i due personaggi e me li ha fatti vedere con occhi nuovi, ma scoprire che Hertha è la più scaltra delle due mentre Aslaug è quella che verrà coinvolta in una complicata trama amorosa insieme a Erik mi fa credere di non essermi sbagliata proprio del tutto…
Parlando di Erik, mi è molto piaciuta la forza con cui ha declamato le sue battute. So che altri spettatori l’hanno giudicato un po’ rigido, ma anche questa sua caratteristica mi è parsa molto azzeccata. È il re di una terra sì unificata ma ancora scossa da lotte intestine e marchiata da ferite aperte… e, come giustamente fatto notare dal regista, è un re giovane. Il suo duello con un avversario più vecchio e robusto, in particolare, fa risaltare molto bene questa sua caratteristica. È logico che Erik cerchi di mostrarsi sempre saldo e forte, sempre duro e autoritario per consolidare un potere ancora fragile e dimostrare il proprio valore, anche a scapito di leggerezza e flessibilità… soprattutto quando anche lui, in fondo, sa che questo non è il modo migliore per conservare ciò che ha costruito, ma è incerto e non ha ancora individuato un modo alternativo per riuscirci. E saranno proprio la potenza dell’amore e di Freyja, attraverso Aslaug e il suo canto, a fargli trovare il pezzo mancante, e a insegnargli a sciogliersi e riconnettersi alla parte emotiva e sentimentale di sé che ha scelto di ignorare…
In conclusione, non vedo l’ora di assistere allo spettacolo per intero. Mi sono anche procurata una copia del testo da leggere prima di vederlo… in inglese, per avere il piacere di godermi la traduzione italiana per la prima volta attraverso le parole e i gesti degli attori e le indicazioni del regista, sullo sfondo di una scenografia ben pensata e ben realizzata. E poi, chissà, magari inizierò a leggere anche il resto dell’opera di Sri Aurobindo…
Vi auguro con tutto il cuore che lo spettacolo abbia un grande successo, perché lo meritate davvero.
Elena