ERIK
LE PROVE
Il calendario di prove si snoda lungo un ampio arco temporale, della durata di oltre un anno, fino al giorno precedente il debutto (per informazioni, vai a PRIMA MONDIALE).
I lavori sono stati preceduti dalla celebrazione di una procedura finalizzata alla formazione di un EGREGORE volto a sostenere il progetto teatrale.
Quindi è cominciata la preparazione dello spettacolo (concepita e condotta con il consueto perfezionismo maniacale dal regista), suddivisa in 24 fasi successive, di cui offriamo qui un costante aggiornamento.
- A seguito della consegna della drammaturgia (con le prime raccomandazioni e riflessioni) e dell’affidamento dei ruoli, la prima fase (febbraio-aprile 2019) è principiata con la stesura di una relazione — da parte di ogni singolo attore — contenente l’analisi del testo e, in modo particolare, del proprio personaggio. Il regista, dopo avere analizzato attentamente ciascuna relazione, ne ha discusso con gli attori in modo da entrare più dettagliatamente nel merito, cogliendo l’occasione per approfondire la concezione registica dello spettacolo, con particolare attenzione all’impostazione attoriale complessiva (soffermandosi in particolare sull’importanza della CORALITÀ, nella precisa scelta di creare uno spettacolo ove tutti gli attori concorrano insieme alla riuscita della rappresentazione, in un orizzonte comune di responsabilità, senza distinzioni tra ruoli “principali” e “secondari”: non devono esistere ruoli secondari — un vero attore sa rendere speciale qualunque caratterizzazione, fosse pure limitata a poche battute) e individuale (fornendo indicazioni utili allo sviluppo di ciascun personaggio), cifra stilistica (l’aspetto AURATICO; la dimensione della simultaneità; la “poesia nello spazio”), scelte estetiche (ivi compresi costumi e scenografie) e altri dettagli correlati.
- Nel corso dell’intero mese di aprile il regista ha tenuto un workshop attoriale finalizzato a preparare gli attori ad approfondire il lavoro sulle azioni fisiche (oltre ad alcuni incontri di approfondimento sull’endecasillabo e sul pentametro giambico) che costituirà il nucleo dell’impostazione registica dello spettacolo.
- Subito dopo (maggio 2019), è stata effettuata la prima lettura del dramma lirico di Sri Aurobindo, sia nella traduzione italiana, sia nell’originale inglese (quest’ultima avvenuta — come sempre da ora in avanti — sotto la supervisione di un insegnante di madrelingua, a cui è stato richiesto di verificare la pronuncia degli attori, in modo da renderla impeccabilmente british).
- La terza fase (aprile-maggio) ha condotto alla individuazione, da parte di ciascun attore, del “centro di coscienza principale” che anima il proprio personaggio. Una volta ben stabilito per ciascun attore, sono stati effettuati una serie di esercizi psicofisici volti a renderlo organico e spontaneo.
- Quindi, come naturale conseguenza, è stata individuata una “posizione archetipale”, considerata la base di partenza per lo sviluppo del personaggio. La posizione archetipale e il lavoro sul centro di coscienza del personaggio, costituiscono quella che Tommaso considera la radice del personaggio, la quale resterà nascosta agli occhi dello spettatore, ma da cui l’intero sviluppo dell’albero trarrà il necessario nutrimento vitale.
- Infatti, a partire da tale posizione archetipale, è iniziato un lungo training in cui ciascun attore ha preso a muoversi nello spazio e a interagire con gli altri, abituandosi a mantenere le prerogative suddette. Termini tecnici come “impulso”, “centro di coscienza”, “posizione archetipale”, “compagno fidato” sono diventati, gradualmente, operativi in ciascuno e tutto ciò rende possibile l’ulteriore avanzamento della preparazione dello spettacolo.
- Giunti a questo punto del lavoro di preparazione, ogni attore si è sottoposto a un regolare esercizio finalizzato a imparare a “irradiare” la coscienza del proprio personaggio, eseguendo i compiti creativi richiesti dallo svolgimento dell’azione scenica.
- La fase successiva è consistita in un approfondimento del “tempo-ritmo”, in particolare giocando sui contrasti tra tempo-ritmo esteriore e tempo-ritmo interiore (come pure tra le varie modalità di tempo-ritmo esteriore, per esempio immaginando di sezionare il corpo in due segmenti — la parte del tronco inferiore e quella superiore, così come il lato sinistro e quello destro — esercitandosi nel conferire a ciascuna delle due parti un diverso tempo-ritmo), fino ad arrivare, con un lento e scrupolosissimo lavoro di adattamento, ad accordare tutte le singole scansioni in un’unica armonia complessiva.
- A questo punto, è iniziato il processo di imbastitura generale delle scene del dramma, attraverso una serie di improvvisazioni volte a impostare l’intreccio dell’azione, lavorando sui vari “beat” contenuti nelle singole scene. In pratica, ciascuna scena è stata suddivisa in piccole unità ritmico-tematiche (talvolta anche 50 o più ancora), in modo da poterle elaborare compiutamente, per poi unificare l’intera scena in un tutto ben equilibrato e compiuto.
- La fase successiva (o, per essere più precisi, concomitante) ha visto gli attori coinvolti in esercitazioni fisiche mirate a un approfondimento degli avvenimenti precedenti l’azione oggetto del dramma.
- Con la decima fase il lavoro entra in uno stadio di maturità, esplicantesi nella elaborazione di una sia pur embrionale “partitura di azioni fisiche”.
- Ampliare, raffinare e precisare la suddetta partitura di azioni fisiche è stato il compito successivo intrapreso (la cui durata comprende un lasso di tempo particolarmente ampio), mediante un dispendio di energie e una prodigalità senza riserve.
- Poco per volta, è pure incominciato il processo opposto, consistente nell’asciugare la partitura delle azioni fisiche, in modo da liberarla del superfluo e di condurla alla verità essenziale, rafforzando organicità e consequenzialità, evitando ogni ricorso al verismo fine a se stesso.
- Solo a questo punto è stato permesso di approcciare il testo poetico (finora si è lavorato con parole proprie, prosastiche, seguendo le linee organiche dell’azione scenica), anzitutto esercitandosi con cura sulla musicalità di ogni singolo verso, di ogni passaggio, di ogni dialogo o monologo e, infine — dopo ripetute prove di lettura in cui il regista ha condotto gli attori verso l’appropriata scansione metrica, il giusto andamento ritmico, la più adeguata naturalezza espressiva e la più suasiva corrispondenza tra testo poetico e azione fisica (tra "poesia del testo" e "poesia del corpo", per usare le parole di Tommaso) — di mandarlo a memoria.
- A partire dal mese di settembre è iniziato il lavoro di convergenza tra partitura delle azioni fisiche (poesia del corpo) e testo del dramma (poesia drammatica).
- L’elaborazione della messinscena vera e propria ha dunque iniziato a venire alla luce in modo sempre più dettagliato e preciso; il lavoro si è orientato sempre più al suo perfezionamento — sia a livello individuale, sia a livello corale.
- Tutta la maturazione precedente, finalizzata alla caratterizzazione interna dei personaggi (intere giornate di lungo e assiduo lavoro sono state consacrate all’approfondimento di ogni singola scena, con una meticolosità inimmaginabile per chi non ha vissuto le prove da dentro), ha condotto alla loro caratterizzazione esterna, scaturita nel modo più spontaneo possibile, senza dover fare ricorso a stereotipi o ai cosiddetti “trucchi del mestiere”.
- Una necessaria fase di incubazione si è resa a questo punto necessaria, volta ad assimilare quanto finora realizzato. Le prove teatrali dei primi otto mesi, peraltro, hanno implicato un approfondimento testuale davvero notevolissimo e talmente speciale da poterlo definire senza alcuna ridondanza come eccezionale (le drammaturgie teatrali, come è noto presso gli addetti ai lavori, si comprendono per davvero in tutte le loro sfumature solo mettendole in scena), sicché il traduttore (che di questo spettacolo è pure il regista), da poeta raffinato qual è, ha sentito l’esigenza di perfezionare la propria traduzione (in endecasillabi) in modo da renderla sempre più aderente all’originale, sia per quanto attiene la sua bellezza specificamente poetica, sia dal punto di vista della resa scenica.
- Gennaio 2020 apre le fasi conclusive del lavoro, a partire dalla elaborazione di tutti i dettagli finora trascurati, fino alla messa a punto di ogni elemento scenico, in modo da concorrere al meglio all’unità complessiva.
- La rifinitura della messinscena si orienta a questo punto sugli ultimi tocchi di pennello.
- Iniziano le prove complete dello spettacolo, per il momento ancora prive di elementi scenotecnici.
- Gli attori, che già da mesi hanno preso ad abituarsi ai loro rispettivi costumi (facendone una loro “seconda pelle”), ora cominciano a prendere confidenza pure con le installazioni scenografiche. A questo stadio decisamente avanzato dei lavori, abbiamo aperto una prova ai donatori più generosi, oltre ad alcuni teatranti, in modo da avere da essi tutti un primo riscontro, rivelatosi altamente utile: grandi apprezzamenti da parte di tutti i presenti (potete leggerne alcuni cliccando QUI), insieme a qualche prezioso stimolo per migliorare ulteriormente la rappresentazione.
- I figuranti vengono coinvolti sempre più. Anche le musiche (che, ricordiamo, sono state commissionate appositamente a un compositore svedese), le danze (la cui coreutica è stata resa possibile dall’intervento di due abili coreografe), le scene di battaglia vengono ormai utilizzate nella loro globalità.
- L’illuminotecnica era l’unico elemento ancora da integrare, per accertarsi che tutto funzioni alla perfezione.
- In ultimo, si è finalmente giunti al giorno della prova generale! La perfezione è giunta a una sufficiente maturazione, ma non è mai da considerarsi statica e definitiva: si tratta al contrario di una perfezione progressiva — il regista tiene pertanto a ricordare che ciascun attore deve continuamente (dal giorno del debutto fino all’ultima replica dello spettacolo) lavorare per perfezionare ulteriormente la propria parte, in modo da non cadere nella stagnazione e nella fredda ripetizione di quanto elaborato con assiduo impegno e tanta fatica. Come Stanislavksij soleva ripetere, non esiste la stasi di un punto di arrivo, in teatro: o si va avanti, oppure si va indietro.